Un breve ricordo dei nostri Prof.

di Mauro DB – Festa dei 50 anni dal diploma 5 ottobre 2024

Oggi festeggiamo i cinquant’anni dal diploma ed è giusto ricordare i nostri insegnanti, la maggior parte dei quali purtroppo è scomparsa.

Non posso non iniziare se non con il Prof. Possenti che nel quarto e quinto ginnasio è stato per noi quasi un padre più che un insegnante.  Il nostro caro, amato  Prof. Arnaldo Possenti, parente, si diceva, di San Gabriele, era una persona buona, saggia e giusta e un professore bravissimo.  Sapeva affascinarci come nessun altro  con le sue lezioni magistrali e  la classe partecipava sempre attenta e desiderosa di imparare. Ricordo quando il primo giorno di scuola lesse e commentò “La giara” e noi tutti eravamo incantati ad ascoltare, o le maratone di greco, l’alfabeto, spirito dolce e spirito aspro,  liuo lueis,  i verbi  irregolari, e via discorrendo. E ancora il latino e l’Eneide, e la letteratura italiana rispetto alla quale, e non credo di sbagliarmi, fu l’unica fonte di conoscenza vera nell’intero corso di studi.
Siamo stati fortunati ad averlo avuto come insegnante e dopo cinquant’anni e più i nostri sentimenti di stima e affetto, che so per certo lui ricambiava, sono immutati🧡.

Degli anni del Ginnasio, ricordo anche  la Prof.ssa di Matteo, severa insegnante di scienze, che siccome era molto esigente nelle interrogazioni, spesso  mi costringeva insieme con gli amici Mauro e Tonino  a recarmi si a scuola al mattino  ma poi  a marinare la stessa … non a favore  di qualche sala giochi (di ragazze non se ne parlava affatto 🙄) ma per andare nella sottostante biblioteca provinciale a studiare cellule, mitocondri, e altre amenità del genere! Ma la Prof.ssa faceva bene il suo lavoro e oggi la ricordo con simpatia.

Passando dal Ginnasio al Liceo, la classe cambiò molto sia  per i naturali cambiamenti  di ciascuno di noi dovuti al fatto che si cresce, sia perché le trasformazioni economiche, politiche e sociali erano allora molto rapide e profonde. Nel nostro caso “perdere” il Prof. Possenti e   riemergere al primo piano dopo due anni trascorsi nel seminterrato e circa 150 partite di calcetto con la pezzuola come pallone nell’androne davanti all’aula!, segnarono  un ulteriore cambiamento. In negativo, rispetto al mero apprendimento delle varie discipline, ma da non buttare via rispetto alla nostra formazione  e crescita culturale giacché, come sostenevano i latini, in ogni caso la scuola è sempre maestra di vita “Schola magistra vitae est”.

Dei vari professori d’italiano, non lasciarono il segno né la Prof.ssa De Virgiliis né i supplenti che si alternarono per sostituirla. Ricordiamo invece molto bene il Prof. Pietro Ferrari. Era un poeta ed era originario di Giulianova ma viveva in via Stazio, qui vicino, e la sera, nell’ora della passeggiata per il Corso, lo trovavi sempre in compagnia degli amici sotto i portici di Fumo a chiacchierare e talvolta a  bere e a fumare. Era un cultore di Dante  e si dice che conoscesse a memoria tutta la Divina Commedia. Fatto sta che quando ci recitò  a braccio l’episodio di Caron dimonio passeggiando tra i banchi, strabuzzò gli occhi che sembravano davvero essere di bragia e in piena trance agonistica sollevò di peso dal suo posto, indovinate chi? Il buon Diego Polidori che già era sofferente di suo perché Michele Di Paolantonio gli aveva probabilmente mangiato come al solito la colazione. La sua lezione era  fatta di veri e propri  colpi di teatro a partire da quando entrava in classe e   sbatteva la porta con una decisione tale che sembrava che il telaio si staccasse dal muro.  Una cosa che non amava fare era quella di correggere i compiti in classe. Si racconta che correggeva solo il primo e assegnava il voto che poi replicava su  tutti i compiti successivi che evitava perfino di leggere. Insomma ottimizzava il lavoro! Non so se fosse leggenda ma qualche dubbio in tal senso mi è rimasto.

Il Prof. Cappelli è stato per tre anni il nostro insegnante  di latino e greco e la classe è stata a lui sempre molto legata. Emozionante è il ricordo della rimpatriata dei trent’anni in cui andammo a trovarlo nella casa di riposo De Benedictis, era sorpreso della nostra visita ma  felice come una Pasqua.
Il Prof. era colto e preparato e quando spiegava era un fiume in piena tanto in piena che si faceva fatica a seguirlo; altre volte ci dettava le lezioni, specie nel terzo anno di liceo in preparazione dell’Esame di Stato. Fissato con la metrica latina e greca e con Lucrezio e Sofocle “Nil igitur mors est ad nos neque pertinet hilum”, a volte si svegliava di cattivo umore e cominciava a interrogare a tappeto mettendo una sfilza ininterrotta di due a penna sul registro. Una volta, e questo episodio non lo ricordavo ed è riemerso qualche giorno fa grazie alla memoria ferrea di Tonino,  chiese alla classe chi fosse Manilio (Marco Manilio autore latino), tutti tacevano: ad un certo punto Mauro De Berardis, pensando di essere spiritoso, rispose “il marito della maniglia”. Tutti a ridere e il buon Clemente, incazzatissimo, in malo modo  cacciò dalla classe il De Berardis, che sorpreso e incredulo per la prima e forse unica volta conobbe l’onta del corridoio

Filosofia e storia = Prof. Di Cesare. Anche in questo caso riaffiorano ricordi e aneddoti. “Sapete perchè l’uomo lavora?” pose il quesito alla classe. Tutti si affrettarono a rispondere nell’arco di più lezioni chi “per sopravvivere” chi “per progredire” chi per altri motivi ma  nessuna risposta andava bene. Alla fine dopo averci tenuto in ansia per settimane, diede lui la soluzione  “perché altrimenti non saprebbe cosa fare” e si prese ovviamente una serie impressionante di vaffa… silenziosi 😊😊😊. Era molto preparato e creativo ma come si è visto  anche provocatorio, coerentemente con il suo ruolo di professore di filosofia.

La prof.ssa Profeta, recentemente scomparsa, è stata per molte generazioni di studenti “la brocchetta”  perché già ai nostri tempi, in cui era molto giovane, uno dei suoi cavalli di battaglia era la celeberrima brocchetta di Gurnià,  un vaso cretese ritraente un polpo. Ne parlava con tale trasporto che qualcuno della I°C incominciò a chiamarla la brocchetta. E poiche la nostra è stata sempre la classe top top top del Liceo, anche tutte le altre classi, di allora e fino a giorni nostri, la chiamarono  con questo simpatico appellativo. Facendo  riferimento al libro di Argàn ci ha dato una bella formazione sull’arte  e la ricordiamo con grande affetto.

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