di Muriel Barbery
Ho letto il libro e poi ho visto la trasposizione cinematografica de "Il riccio".
Inevitabilmente le immagini del film hanno preso il posto di quelle della fantasia. Ma l'effetto non è stato deludente, anzi ho avuto voglia di rileggere alcune parti del libro e in tal modo ho apprezzato maggiormente sia il libro che il film.
Fatta questa premessa, "L'eleganza del riccio" mi è piaciuto per l'originalità della trama e per i tratti inconfondibili dei due personaggi femminili: Renée, brutta e trascurata portinaia, e Paloma, saccente e irrequieta ragazzina di dodici anni. Entrambe, in un contesto superficiale e distratto che non si accorge di loro, nascondono un ricco mondo interiore e una grande profondità di vedute. Le loro lucide meditazioni sono delle vere e proprie dissertazioni filosofiche sulla vita e fanno pensare e riflettere il lettore...
Merito di non poco conto.
L'entrata in scena di Monsieur Ozu, un ricco signore giapponese, serve a "smascherare" le due protagoniste e a riavviare la storia, in quel punto un po' stagnante, per condurla all'epilogo.
Il titolo del libro, che io avrei conservato anche per il film, è quanto mai azzeccato perché l'eleganza è il registro che vi trova più spazio e rende godibile la lettura; dall'ambientazione della storia in un lussuoso palazzo al Centro di Parigi ai gusti letterari e musicali raffinati di Renée, dalla signorilità naturale di Monsieur Ozu ai richiami della letteratura russa e del cinema giapponese. La scrittura dell'autrice è originale, delicata e quasi sempre leggera: solo in qualche caso l'esigenza di approfondire un pensiero o un concetto le prende la mano e la lettura diventa faticosa.